Nel contesto più ampio delle professioni green, oggi più che mai richieste dal mercato del lavoro per fare fronte alle nuove sfide imposte dalla transizione ecologica, dal PNRR e dalla crisi energetica in atto, quella dell’ingegnere ambientale è una figura professionale che, nata e sviluppatasi nel corso degli ultimi lustri, si è andata connotando per il possesso di competenze trasversali, che la rendono in grado di operare, in sinergia con altri professionisti del settore ambientale.
La professione dell’ingegnere ambientale come l’abbiamo conosciuta finora.
All’ingegnere ambientale si chiede di:
- progettare opere di ingegneria civile a basso impatto ambientale;
- garantire un utilizzo responsabile e sostenibile delle risorse del territorio;
- occuparsi di mettere in sicurezza territorio e infrastrutture;
- monitorare le risorse idriche;
- risanare gli ambienti inquinati;
- bonificare siti contaminati;
- produrre sistemi informativi territoriali;
- pianificare interventi di difesa del territorio;
- valutare e certificare la qualità ambientale;
- salvaguardare persone e beni dai rischi ambientali;
- studiare, valutare e gestire gli effetti dannosi dell’attività umana sull’ambiente;
- coordinare e gestire diversi progetti ambientali.
Nell’e-book “Professioni verdi: guida ai green jobs - Vademecum per orientarsi nelle professioni del futuro (che è adesso)”, nel delineare i tratti salienti delle 100 professioni del futuro (green manager, consulenti ambientali, controller ambientali, HSE Manager, professionisti della sostenibilità, solo per fare qualche esempio), si è affrontato anche parla anche della figura dell’ingegnere ambientale.
Si tratta di un profilo può essere annoverato tra le professioni ambientali operative, le c.d. consulenze ambientali.
La green economy, la transizione ecologica e l’evoluzione della professione
Oggi il legame fra industria e tutela dell’ambiente è sempre più stretto e complesso.
Non si tratta soltanto dell’inquinamento diretto che le attività industriali comportano, né di quelli indiretti: basti pensare ai cambiamenti climatici, effetto “secondario” dell’inquinamento atmosferico.
Si tratta, bensì, anche di aspetti politici e, quindi, normativi, a valle dei quali ci sono gli aspetti legati al consumo di materie prime (e, di converso, alla produzione di rifiuti) e di aspetti economici: l’ambiente non è soltanto un aspetto naturalistico, ma anche un aspetto economico. È business (se fatto in modo sostenibile).
E così, la crescente necessità di ridurre (o quantomeno mitigare) l’impatto ambientale dei prodotti e delle attività antropiche, considerandone l’interno ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”: dalla ricerca e selezione delle materie prime al fine vita del prodotto, che deve essere concepito in modo tale da garantirne utilizzi successivi, e/o un recupero spinto) ha reso – e renderà sempre di più in futuro – necessario per l’ingegnere ambientale l’acquisizione di nuove competenze (non solo ambientali. In ogni caso: trasversali) in materia di:
- valutazione dell’impatto ambientale degli stabilimenti industriali;
- green economy e transizione ecologica;
- industria 4.0 e smart grid, solo per fare qualche esempio.
Cosa si intende per transizione ecologica?
La transizione ecologica
È il passaggio, o meglio la trasformazione, da un sistema produttivo intensivo e lineare (produzione-consumo-smaltimento) e quindi non sostenibile, a un modello che invece ha nelle molteplici sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) il proprio punto di forza, e nell’economia circolare il suo strumento principe.
Oggi la transizione ecologica è al centro del dibattito politico e dei progetti di molti tra i più importanti Stati d’Europa e del mondo.
L’obiettivo è quello di realizzare un processo di cambiamento, un rilancio dell’economia e dei settori produttivi all’interno di un quadro delineato e ben definito che metta al centro la tutela e il rispetto dell’ambiente, al fine di contrastare non solo la crisi climatica, diventata un’emergenza stringente e non più rimandabile, e la riduzione della dipendenza energetica dai paesi esteri e dalle fonti fossili, ma anche gli squilibri sociali evidenziati ancora di più dal protrarsi della pandemia, che ha ridisegnato e modificato abitudini e quotidianità di tutti noi.
Cosa studiare oggi per diventare ingegnere ambientale?
Internazionalizzazione e digitalizzazione sono le chiavi per affrontare la sfida della transizione ecologica.
L’Università di Trento, ad esempio, ha integrato il curriculum studiorum del corso di laurea magistrale di ingegneria ambientale per adeguarlo alle nuove richieste del mercato del lavoro.
Il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica (Dicam) di UniTrento, infatti, ha attivato due curricula in inglese, che vanno a rafforzare la dimensione internazionale della didattica e della ricerca del Dipartimento.
Con un percorso magistrale unico in Italia focalizzato sulla modellazione dei processi ambientali e con un ampliamento dell’offerta in inglese l’Ateneo di Trento risponde all’esigenza della generazione del Patto verde europeo di prepararsi alle sfide più attuali della professione ingegneristica.