Orientarsi nei meandri del diritto ambientale e della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nonostante da molti anni esistano i rispettivi “Testi Unici”, è tutt’altro che un mestiere semplice.
I motivi sono molteplici:
- le infinite emergenze ambientali da tamponare, di volta in volta, con provvedimenti ad hoc, privi di visione sistematica e unitaria;
- la politica ambientale perseguita dai governi che si sono succeduti, che non ha brillato per chiarezza, lungimiranza, coerenza, sistematicità;
- la difficoltà di definire con precisione alcuni concetti chiave, e di mantenere in equilibrio i diversi interessi che gravitano intorno all’ambiente;
- le continue innovazioni tecnologiche, che hanno costretto (e costringeranno) spesso i legislatori a rivedere i concetti posti alla base delle normative ambientali, che anche sulla presenza di quelle tecnologie basavano la loro costruzione amministrativo-burocratico-sanzionatoria, solo per citarne alcuni.
Il quadro complessivo ha subìto, con la pandemia, con il PNRR, con la crisi energetica e climatica, un profondo stravolgimento che ha portato molte realtà imprenditoriali a vedere per la prima volta sé stesse per ciò che realmente sono: sistemi fragili, rigidi, incapaci di mettere in campo i mezzi appropriati per reagire al cambiamento tumultuoso e coglierne le opportunità.
D’altro canto, molte altre organizzazioni stanno navigando queste acque agitate con successo: sono quelle imprese che hanno capito in tempo – e che quindi stanno attuando – la transizione digitale (in questo articolo spieghiamo bene cosa significa). Un processo non indolore, ma inevitabile, perché asset fondamentale per raggiungere le molteplici sostenibilità (ambientale, economica, sociale, giuridica) e per raggiungere i numerosi e sfidanti obiettivi ambientali del PNRR.
Green e digitale per una nuova rivoluzione professionale
In un quadro così articolato e complesso – e grazie alla trasformazione digitale, che ha impresso una vera e propria “rimediazione dei comportamenti individuali e collettivi” – anche il mercato del lavoro è cambiato in chiave green: dall’unione di green e digitale sono nate e nasceranno nuove professioni, e persino le vecchie professioni dovranno rimodularsi in chiave sostenibile, e continuare a svolgere servizi, o a creare prodotti, in un’altra ottica, guardando alle molteplici sostenibilità, cui si è fatto riferimento.
Una nuova professione, in particolare, riveste, ora più che mai, un ruolo fondamentale nella crescita sostenibile del Paese: quella dell’HSE manager.
Una figura che se da un lato abbraccia competenze non solo strettamente ambientali, ma che con l’ambiente, nella realtà quotidiana, si intrecciano profondamente, dall’altro funge da catalizzatore di informazioni e di coordinatore delle molte figure, operanti nel settore HSE, e costituisce il fulcro dell’azione dell’organizzazione.
HSE manager: chi è costui?
L’HSE manager, per dirla con le parole della norma UNI 11720:2018 (“Attività professionali non regolamentate – Manager HSE. Requisiti di conoscenza, abilità e competenza”) “è una figura professionale in grado di intercettare la domanda di quelle organizzazioni che vedono sempre più l’integrazione fra i temi della sicurezza, della salute e dell’ambiente come la modalità più efficiente ed efficace per perseguire la conformità legislativa e le strategie aziendali, in una prospettiva di miglioramento continuo”.
Di cosa si occupa l’HSE manager?
L’HSE manager opera per supportare il conseguimento degli obiettivi stabiliti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di ambiente: è la figura di riferimento per il coordinamento, la consulenza ed il supporto gestionale per l’implementazione di sistemi integrati ambiente e salute/sicurezza, con l’obiettivo ultimo di migliorare l’efficienza complessiva dell’organizzazione per la quale lavora.
L’elenco dei compiti tipici del manager HSE è così ampio che la norma ha previsto due distinte figure, pur nella consapevolezza che spesso le differenze fra le due figure tendono a svanire, specie nelle piccole e medie realtà: l’HSE manager strategico e quello operativo.
Sebbene il primo, come si evince dal nome, abbia compiti più manageriali e strategici, ed il secondo rappresenti il braccio operativo del primo, la norma ha individuato una serie di compiti ed attività comuni, che si possono suddividere in tre macrocategorie:
- la prima – quella “culturale” – ha a che vedere non solo con l’istruzione e la formazione in senso stretto, ma con tutti i connotati della multidisciplinarietà tipica di tutte le professioni contemporanee, ed in particolar modo di quelle manageriali;
- la seconda – quella “valutativa” – riguarda invece l’attività supporto all’alta direzione;
- la terza, infine – quella “comunicativa” – concerne tutti gli aspetti relativi all’imprescindibile comunicazione interna ed esterna all’organizzazione.
L’aspetto culturale della professione dell’HSE manager
Multidisciplinarietà è la parola d’ordine, con forti connotazioni di innovazione: elementi in grado non solo di aprire nuove prospettive e di far fronte ai cambiamenti del mercato, ma di contribuire ad allargare gli scenari, per meglio comprendere il nuovo contesto nel quale ci si trova ad agire, e creare nuove opportunità di business.
La multidisciplinarietà non comprende soltanto la pur imprescindibile istruzione: la conoscenza (il risultato dell’assimilazione di informazioni tramite l’apprendimento) e l’abilità (la capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi) sono elementi fondamentali ed imprescindibili, ma incompleti se non accompagnati dalla competenza, la “comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali in situazioni di lavoro e nello sviluppo professionale e personale, esercitabile con un determinato grado di autonomia e responsabilità”.
Sono le soft skills, che portano l’HSE manager ad essere in grado di:
- supportare i vertici dell’organizzazione ad identificare i ruoli, i compiti e le responsabilità organizzative in ambito HSE (ad esempio, l’HSE manager deve collaborare all’identificazione degli scostamenti fra le competenze richieste e quelle delle figure individuate, e deve promuoverne l’allineamento);
- aggiornare tempestivamente l’alta direzione sui nuovi requisiti volontari e cogenti, che si traduce, all’atto pratico a) con l’individuazione e l’assegnazione delle risorse umane ed economiche necessarie a presidiare il processo di aggiornamento dei requisiti legislativi; b) con il coordinamento dell’attività di valutazione dell’applicabilità dei requisiti e della successiva diffusione all’interno dell’organizzazione;
- analizzare i fabbisogni formativi e di addestramento, pianificare l’erogazione della formazione e controllare periodicamente l’esito della stessa, per valutare la sua efficacia e più in generale, promuovere la diffusione e il rafforzamento della cultura HSE.
Questo comporta non soltanto incoraggiare azioni in tal senso, ma anche monitorarne i progressi, con il fine di aumentare la consapevolezza dei rischi associati alle tematiche HSE, di valorizzare comportamenti virtuosi e collaborativi e, infine, di prevenire comportamenti non conformi.
Simpledo è la piattaforma web-based progettata da Wolters Kluwer per le esigenze degli HSE Manager.
L’HSE manager e la prevenzione
Gestire la complessità comporta anche un’attività sfaccettata di supporto dei vertici dell’organizzazione, nella valutazione ex ante dell’impatto in materia HSE delle scelte di business effettuate dai vertici, e nel successivo coordinamento delle attività di valutazione preventiva: per questo l’HSE manager partecipa agli incontri della direzione e riceve le informazioni su eventuali ipotesi di sviluppo del business; identifica ed analizza i potenziali impatti generati da tali sviluppi in materia HSE, fornendo anche una stima economica dei costi della non azione e di quelli associati, invece, ai benefici; propone e supporta i vertici nella definizione del budget in questo strategico settore.
La comunicazione: la base per fare e farsi conoscere
Un efficace sistema di comunicazione, sia interna che esterna, in materia HSE è funzionale alla creazione e al potenziamento della cultura dell’organizzazione in materia HSE.
Per una buona comunicazione occorre innanzitutto individuare ruoli, compiti, responsabilità e costi, quindi vigilare sulla corretta implementazione del piano di comunicazione, unendo a tali attività anche il periodico aggiornamento dei vertici dell’organizzazione.
Ma comunicazione significa anche creare e mantenere i rapporti con tutte le parti interessate, promuovendo il confronto collaborativo con tutto il personale e le sue rappresentanze e il loro coinvolgimento, ogni volta in cui ciò si rilevi possibile, ed individuando le modalità e le responsabilità per gestire le richieste provenienti dagli stakeholders.
Le specifiche funzioni e la transilienza
Completano il quadro una lunga serie di specifiche mansioni, proprie dell’una o dell’altra particolare tipologia di HSE manager, anche se nella realtà, come s’è fatto cenno, spesso le due figure tendono a fondersi, e ad adattarsi allo specifico contesto nel quale nascono, sono inserite e maturano.
Sullo sfondo delle competenze, in questa sede abbozzate, infatti, c’è il cambiamento, e la sua non agevole gestione.
Per orientarsi nelle trasformazioni moderne, che la pandemia non ha fatto altro che accelerare, occorre – insieme alla resilienza, e per renderla operativa – un’altra qualità, che funge da “tessuto connettivo”: la transilienza.
La transilienza è un concetto imprescindibile nel mondo moderno, con le sue dinamiche, le interconnessioni, la velocità, l’infodemia e la necessità di continuo miglioramento, ed è intimamente collegato con le capacità di leggere (e gestire) il cambiamento, con l’innovazione, con il pensiero laterale e con l’approccio resiliente: qualità che fanno la differenza.
Sempre, e a maggior ragione in momenti di crisi, come quello che stiamo vivendo. Sempre, e a maggior ragione in un mestiere poliedrico e fondamentale come quello dell’HSE manager.