Qual è il ruolo del project manager in chiave e in ottica green, partendo dai modelli organizzativi di gestione e controllo?
Con la legge n. 4/2013 il legislatore ha dettato la disciplina delle professioni non organizzate o non regolamentate, in ordini o collegi:
- stabilendo che l’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilità del professionista;
- disciplinando le associazioni professionali e le forme aggregative delle associazioni, la pubblicità, i contenuti degli elementi informativi;
- promuovendo l’autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell’attività dei soggetti che esercitano tali professioni.
Come afferma in questo articolo Andrea Quaranta, Environmental Risk and crisis manager e auditor ambientale, fra tali professioni, quella che negli ultimi anni ha visto accrescere notevolmente la propria popolarità è quella del project manager.
Secondo la PMBOK Guide (la guida “Project Management Body of Knowledge”), il project management è “l’applicazione di conoscenze, attitudini, strumenti e tecniche alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi”.
Gli obiettivi principali del project management consistono nel:
- raggiungere gli obiettivi del progetto restando all’interno del perimetro costituito dai classici vincoli determinati dal contesto del committente, solitamente il costo, il tempo e lo scopo (nel senso anche della qualità);
- ottimizzare l’allocazione delle risorse e integrare gli input necessari a raggiungere gli obiettivi definiti.
Queste sfide devono essere portate avanti risolvendo i problemi e mitigando i rischi che ciascun progetto, in misura diversa, troverà comunque lungo la sua strada.
Il ruolo del project manager
Il project manager – o “manager di progetto” – è la figura responsabile della conduzione operativa di un progetto, dalla fase della pianificazione a quella della chiusura, passando per quella esecutiva e quella di controllo.
Quella del project manager non è un’attività di mera “supervisione tecnica”, ma soprattutto gestionale, in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di progetto nel rispetto dei parametri economici (rispetto dei costi), temporali e qualitativi concordati con il cliente.
Il project manager, dunque, deve essere in grado di interpretare i reali obiettivi del progetto dal suo inizio sino alla fine, assicurandosi che la visione del committente venga realizzata secondo le sue aspettative.
I compiti e le competenze interdisciplinari del Project Manager
Il project manager svolge diverse mansioni interdisciplinari, dovendo avere ottime conoscenze in campo tecnico, organizzativo ed economico-finanziario, le più importanti delle quali consistono:
- nella creazione, gestione e coordinamento del team di progetto, l’insieme dei collaboratori che lavorano sul progetto, assegnando a ciascuno compiti e responsabilità;
- nella gestione di tutti i rapporti (compresa la contrattualistica) con i collaboratori e i fornitori;
- nel monitoraggio dello stato di avanzamento delle operazioni, anche attraverso l’analisi periodica delle relazioni sulle attività svolte dai collaboratori;
- nella cura dei rapporti con le autorità;
- nell’amministrazione del budget del progetto (insieme al financial manager);
- nell’individuazione e gestione di ogni rischio che si dovesse presentare nella fase di esecuzione delle attività programmate;
- nell’attitudine al problem solving;
- nella padronanza delle c.d. “soft skills”: saper comunicare, interagire, ascoltare, ispirare, mitigare i conflitti, generare fiducia ed ottimismo, analizzare e trovare la soluzione ai problemi, decidere.
Si tratta di un’attività molto complessa: oltre alle tecniche di project management, il project manager deve avere la padronanza anche delle specificità del settore di attività nel quale svolge la propria attività.
La responsabilità delle persone giuridiche e la “facoltatività vantaggiosa” del MOG 231
Il D.Lgs n. 231/01 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”) ha introdotto nell’ordinamento italiano un nuovo regime di responsabilità denominata “da reato”, conseguente alla commissione o tentata commissione di determinate fattispecie di reato nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.
Il decreto offre dei criteri per l’implementazione di un MOG, il modello di organizzazione, gestione e controllo, validi per qualsiasi realtà aziendale (ma che necessitano di adattamenti in relazione alle dimensioni dell’ente; alla struttura organizzativa; alla natura dell’attività esercitata; all’entità e alle aree di rischio-reato, per fare solo qualche esempio).
La definizione e l’adozione dei modelli di organizzazione è facoltativa, ma è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per poter beneficiare dell’esimente prevista dalla normativa.
L’adozione del modello comporta dei vantaggi, relativi:
- alla riduzione del rischio di commissione di reati a livelli ragionevoli (ad eccezione del caso dell’elusione fraudolenta, ad esempio, all’ente non sarà rimproverabile la realizzazione dell’illecito penale consumato da un soggetto formalmente delegato; l’adozione di modelli organizzativi post delictum può svolgere una funzione di natura riparatoria), e
- al fatto che l’adozione di un modello organizzativo vero e proprio, stilato “su misura” (e non un insieme di documenti disorganici, che spesso, ancora oggi, molte imprese sono convinte possano bastare a esimere l’ente da responsabilità) consentirebbe al giudice di valutare discrezionalmente, caso per caso, la reale responsabilità dell’ente stesso.
Di contro, la mancata adozione di protocolli cautelari non lascerebbe alcun margine di discrezionalità al giudice: la Corte di Cassazione, infatti, ha affermato che “la mancata adozione dei modelli organizzativi in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi indicati dalla legge (reato commesso nell’interesse o a vantaggio della società e posizione apicale dell’autore del reato) è sufficiente a costituire quella rimproverabilità di cui alla relazione ministeriale del decreto legislativo e ad integrare la fattispecie sanzionatoria, costituita dall’omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire talune tipologie criminose” (Cass, Sez. VI, sentenza n. 36083 del 9 luglio 2009).
In definitiva, non è quindi obbligatorio, ma opportuno, adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo caratterizzato da criteri di efficienza, praticabilità e funzionalità ragionevolmente in grado di limitare le probabilità di commissione di reati ricompresi nell’area di rischio legata all’attività di impresa ed avvalersi di un organismo interno all’ente che abbia compiti di iniziativa e di controllo sulla efficacia del modello e che sia dotato di piena autonomia nell’esercizio della supervisione e del potere disciplinare: una facoltatività vantaggiosa.
Il ruolo del project manager nella redazione del MOG: il controllo e “il lavorare per progetti”
Nel richiamare la necessità di un’individuazione, di un’analisi e di una valutazione dei rischi e, soprattutto, di una loro riduzione e gestione da parte delle organizzazioni, il D.Lgs n. 231/2001 ha modificato l’approccio del management del rischio: concettualmente, infatti, si è passati da un approccio basato sul risk avoidance (evitare, ridurre i rischi) ad uno basato sul risk management (la gestione dei rischi).
Tutto ciò richiede di valutare l’esposizione al rischio mediante un periodico e rapido assessment, in grado di posizionare continuamente gli asset critici rispetto ai parametri di riferimento.
Il risk assessment deve garantire una serie di strumenti:
- per la risk gap analysis, per permette il confronto fra la propria esposizione al rischio rispetto ad un modello di riferimento;
- per il tracking, per evidenziare l’evoluzione nel tempo della esposizione al rischio indicando e quantificando i miglioramenti;
- di simulazione, per permettere l’analisi su diversi scenari (what-if);
- di benchmarking, per confrontare la propria situazione rispetto ad aziende simili.
Alle aziende, oggi più che mai, è richiesta una crescente capacità di controllo ed una sempre maggiore trasparenza: la governance aziendale, infatti, è sempre più soggetta a codici di autoregolamentazione che esplicitamente fanno riferimento alla necessità di instaurare e attuare un efficace sistema di controlli interni.
Nello stesso tempo cresce nelle aziende la propensione a lavorare per progetti, che consente di operare quelle trasformazioni che un’organizzazione fortemente funzionale non è in grado di supportare.
In definitiva, si sta affermando sempre più l’esigenza di fare crescere il project management:
- non solo tramite l’applicazione delle pratiche di governo del singolo progetto,
- ma anche attraverso le pratiche di Governo di programmi e iniziative complesse, che raccolgono progetti coordinati per il raggiungimento di un unitario obiettivo di business.
La dimensione dell’attività del project manager dovrà essere trasversale ai vari settori applicativi oggetto di indagine ed essere presente, con forme e modalità diverse, nelle varie tipologie di progetti anche significativamente differenti tra loro.
Nella moderna società – nella quale si è preso finalmente coscienza della necessità di operare in modo sostenibile, in ottica e in chiave green – gli aspetti ambientali sono entrati a fare parte dei reati presupposto della 231, e il project manager ha un ruolo fondamentale nel processo di transizione ecologica.
Il project manager ambientale
Il project manager ambientale è una fra le più ricercate figure professionali nei motori di ricerca specializzati online, specie in relazione alla gestione di impianti industriali complessi.
Oltre ai compiti, sopra sommariamente descritti, per i project manager ambientali vengono richieste le seguenti capacità:
- supportare la direzione tecnica sulle attività ad elevato impatto ambientale e che necessitano di specifiche competenze sul tema;
- gestire direttamente le relazioni con le aziende appaltatrici delle commesse di propria responsabilità;
- assicurare la compliance dei progetti, con particolare riguardo alla compliance in materia di tutela dell’ambiente;
- supportare la redazione dei capitolati tecnici necessari alla predisposizione delle gare d’appalto;
- produrre la documentazione necessaria per le perizie di variante in accordo/condivisione con l’Ufficio Legale da sottoporre all’approvazione dell’alta direzione;
- supportare l’ufficio legale nelle fasi di contenzioso ove necessario, in relazione alle problematiche ti tipo ambientale che possono sorgere (inquinamento, anche pregresso; gestione dei rifiuti, bonifiche, autorizzazioni, ...);
- assicurare il pieno rispetto dei requisiti contrattuali e delle norme ambientali e di sicurezza;
- effettuare la due diligence impiantistica, di prevenzione incendi, ambientale;
- effettuare indagini e approfondimenti ambientali con particolare riferimento a materiali pericolosi e suolo.