La riforma civile del 2022 ha detto no ai “prenuptial agreement”, ossia gli accordi prematrimoniali, tanto in auge in altri Paesi come ad esempio gli Stati Uniti. Ancora assenti nel nostro ordinamento giuridico, dunque, sono stati però oggetto di numerosi d.d.l. presentati negli ultimi anni ai due rami del Parlamento. Uno tra tutti, il d.d.l. S-1151, comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica il 19 marzo 2019, che all’art. 1, lett. b) proponeva la revisione e integrazione del codice civile, per “consentire la stipulazione tra i nubendi, tra i coniugi, tra le parti di una programmata o costituita unione civile, di accordi intesi a regolare tra loro, nel rispetto delle norme imperative, dei diritti fondamentali della persona umana, dell’ordine pubblico e del buon costume, i rapporti personali e quelli patrimoniali, anche in previsione dell’eventuale crisi del rapporto, nonché a stabilire i criteri per l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli”.
L’esperienza giudiziale individua due tipologie di contratti prematrimoniali:
- gli accordi dei futuri sposi redatti prima della celebrazione coi quali intendono regolare alcuni aspetti del matrimonio e della sua possibile crisi, nella finalità di definire una trattativa preliminare da attuare in sede di eventuale crisi;
- gli accordi stipulati a seguito della celebrazione del matrimonio, quando si presentano delle questioni da definire, ovvero in fase di separazione oppure di divorzio.
Diritti e doveri “indisponibili”
In Italia, la prima tipologia di accordi – cioè quelli che anche cronologicamente risultano, appunto, “prematrimoniali” - sono nulli. Per la legge, infatti, presentano una causa illecita, in considerazione della circostanza che i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio non sono disponibili (art. 160 c.c.). Più in dettaglio, sono considerati invalidi tutti i patti che vanno a limitare o a regolare in maniera differente quanto già statuito dalla legge, ossia i pilastri del matrimonio: fedeltà, figli, coabitazione. Ad esempio, risultano nulli tutti gli accordi che vanno a incidere sulle dinamiche sessuali, che pongono tutte le spese a carico di un solo coniuge, e dispongono sulla gestione dei figli.
Strumenti per regolamentare la vita di coppia
Fermo restando la nullità di ogni patto finalizzato a regolamentare un’eventuale e futura crisi, l’ordinamento consente comunque l’impiego di strumenti giuridici, tra fidanzati e coniugi, per dar seguito alle esigenze di tipo economico e patrimoniale, essendo interdetta ogni convenzione riguardo figli, sesso, coabitazione. Questi strumenti andranno optati in base alle specifiche esigenze che la coppia intende soddisfare, tenendo conto anche della circostanza che l’ordinamento non pone limitazioni all’eventuale cambiamento dell’assetto patrimoniale a seguito della celebrazione: da comunione dei beni a separazione dei beni, da separazione dei beni a comunione dei beni. Nel corso del rapporto, i coniugi potranno stipulare, tra di loro, compravendite e donazioni, predisporre testamenti, costituire fondi patrimoniali familiari e società.
Spazio alle donazioni tra coniugi
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (n. 81/1973) non sono più vietate le donazioni tra coniugi, pertanto risultano valide, nel rispetto delle condizioni stabilite dalla legge:
- se risultino di modico valore non occorre la stipula dell’atto pubblico;
- per quelle di “non” modico valore è necessaria la stipula mediante atto pubblico con la presenza di almeno due testimoni (a pena di nullità);
- ove l’ammontare complessivo delle donazioni fatte in vita da un coniuge all’altro oltrepassa la franchigia di 1 milione di euro scatta l’imposta sulle donazioni, con aliquota pari al 4% del valore della donazione che eccede la franchigia;
- se la donazione ha per oggetto una somma di denaro, la donazione va formalizzata mediante bonifico bancario o assegno non trasferibile, ove superi le soglie della tracciabilità imposte dalla legge, altrimenti può avvenire in contanti;
- non può essere preordinata a eludere, nei confronti di altri eredi legittimari (figli e, in loro mancanza, i genitori), le quote della legittima.
Contratto di convivenza tra non coniugi
Al contrario dei coniugi, i conviventi possono accordarsi, tramite il contratto di convivenza previsto e disciplinato dalla legge cd. Cirinnà sulla vita di coppia, includendovi anche le conseguenze della fine della convivenza, con l’unico limite che le finalità perseguite dagli stessi risultino meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento.
Il nostro consiglio
In caso di stipula, affidarsi a un professionista del diritto che, dopo aver esaminato la situazione economico-patrimoniale della coppia, le esigenze reciproche e le implicazioni fiscali, possa proporre le soluzioni più confacenti alle occorrenze e in aderenza al diritto, rifuggendo da pattuizioni self-produced a rischio di nullità.
Un professionista che sia possibilmente in grado di capire cosa conviene fare in ogni fattispecie, in quanto dotato degli strumenti e delle tecnologie più all'avanguardia in materia di ricerca e analisi giuridica. Come ad esempio One LEGALE Giurimetria di Wolters Kluwer, la funzionalità di giurisprudenza predittiva che offre un’analisi statistica delle pronunce della Corte di Cassazione sulla base della fattispecie che si sta affrontando, delle parti coinvolte, del ruolo nell’ambito del contenzioso per permettere di costruire con maggior consapevolezza la strategia da seguire.
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